Dominato dal castello che si erge da oltre 1000 anni a difesa delle sue case basse e del centro storico che sorge proprio alle sue pendici. Fondata nel 1270 dalla famiglia genovese dei Doria ha una storia antichissima. Conquistata nel 1400 dagli spagnoli venne battezzata Castellaragonese e per circa 300 anni appartenne al regno di Spagna. Dal 1720 fu riconquistata dall’ Italia da parte dei Savoia divenendo definitivamente Castelsardo.Tra i vicoli del centro storico fermatevi ad osservare le botteghe dove si intrecciano cestini di palma nana.
L’artigianato di Castelsardo
Castelsardo è rinomato in tutto il mondo per la lavorazione dei cestini rigorosamente fatti a mano. Le creazioni dell’artigianato si caratterizzano per l’originalità delle diverse tecniche di intreccio tramandate di generazione in generazione. Nelle vie del borgo sassarese che si affaccia sul golfo dell’Asinara le donne passano ore a intrecciare cestini di ogni forma, con decori coloratissimi, mentre i pescatori lavorano il giunco e le verghe di olivastro per cucire le nasse che caleranno in mare per catturare prelibati crostacei. In origine, i cestini erano realizzati con la palma nana, ma oggi rientra tra le specie protette ed è stata sostituita dalla rafia.
Castello dei Doria
Il castello è circondato da un anello a muro ancora completo, che è visibile soprattutto a sud e colpisce la roccia della montagna. Il complesso del castello è angolato e copre l’intero ponte di montagna in direzione est-ovest su una larghezza di circa 100 metri. In direzione nord-sud è solo circa 25 metri. Gli edifici interni con diversi livelli e altezze dei piani, di cui oggi sono conservate sette case separate, sono collegati da una stradina. Il lato occidentale è rivolto verso il mare. L’accesso si trova da est a nord attraverso una ripida rampa che porta alportiere nel centro nord, il cui l’ingresso potrebbe essere fiancheggiato e controllato da edifici da tre lati in un piccolo cortile. A nord del castello, che è anche puntato a nord-ovest e con una piccola torre rotonda e una piattaforma protetta, sono stati conservati i resti di una specie di bailey esterno (o canile). Una cisterna per l’acqua piovana con un piccolo pozzo coperto nella zona del castello orientale indica le difficoltà dell’approvvigionamento idrico.
Il luogo e forse una prima fortificazione furono fondati nel 1102, il castello come tale solo nel XIII secolo (probabilmente intorno al 1270) dalla nobile famiglia genovese Doria come “Castel Genovese” o “Castrum Januae” con grande importanza strategica. Fino al XV secolo, la città e il castello erano la sede dei Doria e servivano a dominare i possedimenti nella nord Sardegna. A proposito di Castelsardo fu un afflusso di gruppi di popolazione liguri e corsi.
Il Doria costruì il luogo e il castello come repubblica cittadina, secondo il modello ligure con il proprio codice di legge, gli Statuti di Galeotto Doria e il motto “Pax et Bonum Rempublicam conservatore”. I Doria si unirono in seguito con il Giudicato di Arborea, l’ultimo più potente dei giudici sardi per matrimonio di Brancaleone Doriacon l’eroina sarda Eleonora d’Arborea, probabilmente non da ultimo per insistere nell’intrigo tra papa e imperatore, dopo che il papa nel 1295 il Corona d’Aragona sotto Giacomo II di Aragona.
Conquistato nel 1448 dagli spagnoli della Corona d’Aragona come ultimo territorio sardo, il castello fu poi chiamato “Castel Aragonese”, il luogo divenne città reale (“Città regia della Sardegna”) fino al 1479 (poi Oristano). Castelsardo (castello e luogo non furono distinti) rimase fino al 1586, fino alla costruzione della Cattedrale di Sant’Antonio Abate, sede episcopale.
Dal 1767 e con il dominio della Casa Savoia, il castello e la città ricevettero l’attuale nome Castelsardo. Per secoli il castello fu occupato dai militari; fino a qualche decennio fa fungeva ancora da caserma dei Carabinieri.
La Leggenda
Si narra difatti che il marchese Malaspina, proprietario del Castello, fosse molto geloso della sua bellissima moglie, al punto da far costruire un passaggio sotterraneo che conduceva fino alla Cattedrale posta nel centro del borgo antico, per far sì che la compagna potesse quotidianamente partecipare alle funzioni religiose senza essere vista da nessun altro. Un giorno, in preda ad un raptus di gelosia e violenza ed ipotizzando un tradimento, il Marchese decise di tagliare le dita delle mani alla moglie, per poi avvolgerle in un fazzoletto. Dopo aver lasciato la fanciulla esangue, egli si recò poi da alcuni amici e, forse non curante del suo orribile gesto, tirò fuori il fazzoletto da cui caddero le dita mozzate. Il Marchese fu imprigionato, mentre la leggenda narra che l’anima della donna sia ancora nel luogo del delitto e le sue dita si siano pietrificate divenendo parte integrante delle pareti rocciose del Castello.